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Diffidate dei pharmainfluencer che diffidano

Maria Cristina Valsecchi

La swimmer Maria Cristina Valsecchi ha ricevuto una diffida molto generica con cui un’azienda sperava di spaventarla e spingerla a togliere dal web un interessante articolo sul nuovo fenomeno dei cosiddetti “pharmainfluencer”, e su alcuni esempi di professionisti sanitari che promuovono il consumo di prodotti anche a dispetto delle dimostrazioni scientifiche di efficacia.
Avevo trovato l’articolo molto interessante, tanto che le ho chiesto di organizzare una sessione suil tema al nostro prossimo convegno, il 24 e 25 giugno al Politecnico di Milano, per cui quando mi ha informato le ho chiesto di scriverne per il sito dell’associazione, con l’augurio che questa vicenda inneschi un bell’effetto Streisand. (Fabio Turone)


I pharmainfluencer e la differenza tra informazione e pubblicità

di Maria Cristina Valsecchi

Alcuni giorni fa, un amico farmacista e formatore, Sergio Cattani, mi ha parlato per la prima volta di una nuova figura professionale nata sui social media, in particolare su Instagram e TikTok, il pharmainfluencer. Si tratta di un farmacista iscritto all’Ordine che posta video e caroselli in cui pubblicizza integratori alimentari, prodotti di dermocosmetica e anche farmaci da banco, pagato dalle aziende produttrici. In Italia la legge e il codice deontologico dell’Ordine dei farmacisti impongono delle limitazioni stringenti sulle pubblicità che riguardano i farmaci. I pharmainfluencer tendono a rimanere nella zona grigia tra lecito e illecito, parlando per lo più di integratori e cosmetici, per cui non ci sono vincoli, e se parlano di farmaci mostrano le confezioni commerciali solo per pochi secondi o citano il nome commerciale del prodotto solo nei commenti e non nei post.

Incuriosita da quello che mi ha riferito il mio amico farmacista, ho fatto un po’ di ricerche e ho scritto un articolo per il mio sito web di informazioni sulla salute Eva – Sapere è potere. L’articolo, pubblicato il 3 giugno, potete leggerlo al link https://evasaperepotere.wordpress.com/2023/06/03/i-pharmainfluencer-e-la-differenza-tra-informazione-e-pubblicita/

Il post ha avuto un discreto successo, grazie anche alla menzione in una storia su Instagram da parte di Beatrice Mautino, che mi ha fruttato parecchie visite dai suoi follower. Scopo dell’articolo non era tanto quello di stabilire se la condotta dei pharmainfluencer sia lecita o meno, ma informare gli utenti dei social del fatto che i loro contenuti, benché veicolati da professionisti della salute apparentemente autorevoli, sono messaggi promozionali e non informazioni disinteressate.

Nell’articolo ho citato anche un’agenzia di intermediazione tra pharmainfluencer e aziende farmaceutiche, fondata da pochi mesi, la Blendistrict Italia. Potete leggere nell’articolo i termini in cui ne ho parlato e su quali fonti mi sono basata.

La sera del 6 giugno mi è arrivata una “lettera di diffida” dalla PEC della Blendistrict, che mi accusa di “riferire non solo fatti di pubblico dominio ma anche altri e diversi fatti che appaiono potenzialmente lesivi per gli interessi della scrivente società. La notizia riportata infatti contiene affermazioni generalizzanti e giudizi negativi riguardanti l’operato dei pharmainfluencer, lesivi del decoro di questa figura professionale, con esplicito riferimento alla scrivente società quale deux (sic) ex machina di tale attività e dunque anch’essa implicitamente denigrata”.

Nella lettera mi si ingiunge quindi di rimuovere l’articolo dal sito entro 24 ore e pubblicare una rettifica nella quale si faccia menzione del fatto che Blendistrict e i pharmainfluencer ad essa legati operano nel pieno rispetto della normativa vigente, “riservandoci, in mancanza, di sottoporre l’accaduto ai nostri legali perché ne valutino i riflessi civili e penali”. Segue timbro e scarabocchio senza neanche un nome di persona.

Ho consultato il mio avvocato per un parere. Mi ha rassicurato che il mio articolo è ineccepibile dal punto di vista legale, che la lettera di diffida non specifica quale valutazione screditante nei loro confronti comparirebbe nel mio articolo e che la Blendistrict non ha un interesse qualificato per chiedere tutele per i pharmainfluencer in generale, cioè non è l’associazione nazionale di categoria che difende la professione ma solo una società che opera nel settore. Sia il mio avvocato che Fabio Turone mi hanno dato lo stesso consiglio: scrivere una breve postilla all’articolo per riportare quello che l’agenzia afferma riguardo il proprio operato, senza ritrattare nulla del mio articolo, dal momento che nell’articolo non ho mai messo in dubbio la liceità e la professionalità di Blendistrict. 

In conclusione, ho aggiunto all’articolo queste righe: “A seguito della pubblicazione di questo articolo, mi è pervenuta una nota di Blendistrict che si duole del modo in cui avrei descritto il suo ruolo nella vicenda dei pharmainfluencer. Tengo a dire che nell’articolo sono stati descritti fatti noti e di pubblico dominio, senza alcun intento o risultato diffamatorio, che infatti l’agenzia, nella sua nota, non ha saputo evidenziare. Blendistrict vuole informarci che tanto essa quanto i suoi pharmainfluencer operano nel rispetto della legge e del relativo codice deontologico. Per quanto mi riguarda, ribadisco la piena correttezza del mio operato, esercitato ai sensi dell’art. 21 Cost. nell’ambito del legittimo esercizio del diritto di cronaca”.

Per il momento questa vicenda finisce qui.

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