ULTIMORA

IL GIORNALISMO SCIENTIFICO

Ripubblichiamo con piccoli adattamenti
il lungo articolo sul giornalismo scientifico
apparso sul numero di marzo-aprile 2011
della rivista Tabloid dell’Ordine
dei Giornalisti della Lombardia
(scaricabile anche in PDF
nell’impaginazione originale).

di Fabio Turone, giornalista scientifico e presidente di Science Writers in Italy

La presidente della Federazione Mondiale dei Giornalisti Scientifici, l’egiziana Nadia El-Awady, è stata accolta da un lungo applauso sul palco del congresso della American Association for the Advancement of Science a Washington, pochi giorni dopo la cacciata di Mubarak. Durante le manifestazioni di piazza aveva raccontato gli avvenimenti su Twitter, Facebook e Youtube, fino all’orgoglioso annuncio finale: «Sono una rivoluzionaria egiziana, e ho aiutato a rovesciare un dittatore». Al congresso di Doha una sessione sarà dedicata all’analisi degli effetti politici e sociali della diffusione dei social media.

L’appuntamento per il settimo congresso della Federazione mondiale dei giornalisti scientifici era da tempo fissato al Cairo, negli ultimi giorni di giugno. Sarebbe stato il primo sul suolo africano, ma l’incertezza seguita alla rivoluzione del 25 gennaio ha obbligato gli organizzatori – tra cui la Presidente egiziana della Federazione, che seppur un po’ impacciata dal velo ha partecipato alle manifestazioni di piazza documentando tutto con testi e video subito pubblicati in rete su youtube, facebook e twitter – a spostarlo a malincuore a Doha, in Qatar.

Si terrà quindi nel piccolo emirato, che da anni sta investendo molti petrodollari in ricerca scientifica, l’incontro in cui oltre un migliaio di giornalisti da tutto il mondo discuteranno tra le altre cose di clima, energia, percezione del rischio, evoluzione, bioetica, superstizione e salute globale, condividendo gli strumenti e i trucchi del mestiere e riflettendo su un interrogativo esistenziale: chi è oggi, nell’era di internet e dei blog, il giornalista scientifico? E chi sono e che cosa vogliono i suoi lettori?

Internet avvicina alla scienza?

Secondo i dati pubblicati nell’Annuario Scienza e Società 2011 curato dall’associazione Observa Science in Society, nei media italiani lo spazio dedicato a scienza e tecnologia è di nuovo in aumento, anche perché il web sembra favorire la fruizione di contenuti a carattere scientifico, soprattutto nelle fasce di età più giovani: tra i 15 e i 29 anni, infatti, un navigatore su due si espone con continuità a contenuti scientifici.
Il rapporto tra cittadini, scienza e giornalismo scientifico rimane però a dir poco tormentato: molti lettori lamentano difficoltà di comprensione, anche perché il dato sull’analfabetismo scientifico rimane incredibilmente alto, con un italiano su due che pensa che il Sole sia un pianeta.

Anche l’ultima indagine Eurobarometro (risalente al 2007) segnalava per l’Italia una distanza significativa tra il notevole interesse dei cittadini per la ricerca scientifica – molto superiore alla media dei 27 paesi dell’Unione europea – e la scarsa soddisfazione per il modo in cui i media ne danno conto. Il giudizio sulla qualità dei resoconti presentati dai mass media vede infatti l’Italia ben al di sotto della media dei 27 (vedi tabelle).

Più freelance meno competenza?

L’autore di questo articolo casualmente al centro del dettaglio della foto di gruppo pubblicato nel sito dell’EICOS

Negli ultimi anni sono state promosse a livello internazionale numerose iniziative formative, che purtroppo vengono spesso finanziate senza una strategia di lungo respiro, per cui non di rado i fondi pubblici spariscono quando l’esperienza dei primi anni sta cominciando a dare i frutti migliori (come nel caso dell’apprezzatissimo progetto EICOS). Le esperienze più innovative e apprezzate si caratterizzano per un approccio che chiede al mondo delle istituzioni scientifiche e accademiche di riconoscere al giornalista specializzato un ruolo paritario, di “professional equal” (questi principi sono stati per esempio sottolineati nella recente “Dichiarazione di Erice” sulla farmacovigilanza, promossa da un gran numero di istituzioni internazionali, che invita gli scienziati a confrontarsi alla pari sui temi della comunicazione con chi per forza di cose parte da un’ottica differente).

I media favoriscono o sabotano la salute?

Questo atteggiamento è riassunto efficacemente anche in un editoriale del 2009 della prestigiosa rivista medica inglese Lancet, che sotto un titolo ambiguo («I media favoriscono o sabotano la salute?») riflette sulla difficoltà di fondo del mondo scientifico di capire quali sono i “difetti” dei giornalisti e quali le caratteristiche della società in cui tutti viviamo. «L’opinione maggioritaria tra i professionisti della sanità di tutto il mondo è che i mass media sistematicamente sbaglino nel descrivere nella giusta luce la salute, la sanità e in generale la pratica della medicina. Ma è un’opinione giustificata e corretta?» si chiede l’editoriale, che prosegue: «Più la stampa appare responsabile, meno il pubblico generale sembra apprezzarla. La gente non sembra interessata al resoconto diretto dei temi di salute; i media devono mantenere il proprio pubblico, e le controversie aiutano a vendere». E più avanti: «Il giornalismo responsabile non dovrebbe pesare unicamente sulle spalle dei giornalisti, ma anche degli editori, degli scienziati e dei professionisti della sanità». La soluzione già adottata con successo in alcuni paesi consiste nell’istituzione di un Science Media Centre, che fornisce assistenza ai giornalisti.

Questo supporto si concretizza sia in termini di fornitura di monografie, schede, dati statistici, bibliografie sulle tematiche ricorrenti sia in forma di contatti diretti con qualificati esperti del mondo della scienza.
Inoltre, questo tipo di centro organizza seminari e workshop in cui scienziati e giornalisti sono invitati a confrontarsi: «Il futuro del giornalismo di salute» prevede la direzione di Lancet «dipenderà dal lavoro comune di scienziati, medici e mass media per assicurare l’interpretazione responsabile della ricerca scientifica e medica, e quindi promuovere la salute su scala globale».
Anche dell’ipotesi di una cooperazione internazionale di Science Media Centre si parlerà a fine giugno al congresso mondiale di Doha, e una rappresentanza italiana sarà presente per cercare di fare la sua parte.

LEGGI IL RESTO DEL DOSSIER:

 

Sul congresso di Doha della WFSJ
vedi anche la cronaca di Daniela Ovadia,
pubblicata sempre su “Tabloid” in ottobre


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