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Giornalisti scientifici non sudditi delle fonti

IL RESOCONTO DELLA NOSTRA INVIATA AL 7° CONGRESSO MONDIALE DI DOHA, IN QATAR

Nutrita la presenza di italiani, tra cui cinque colleghi lombardi che hanno vinto una borsa di studio del nostro Ordine. Il prossimo appuntamento sarà, nel 2013, a Helsinki

di Daniela Ovadia

(Da Tabloid, periodico dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, n 4-2011)

Oltre 720 partecipanti di 91 diverse nazionalità, per la metà provenienti da Paesi in via di sviluppo: è questo il bilancio conclusivo del 7° congresso mondiale dei giornalisti scientifici, organizzato dalla World Federation of Science Journalists (Wfsj), svoltosi alla fine di giugno a Doha, capitale del Qatar. Un successo meritato, dovuto anche alla tenacia delle organizzazioni promotrici, la Nasw, che riunisce i colleghi statunitensi, e la Federazione dei giornalisti scientifici di lingua araba, che hanno voluto portare questo importante evento per la prima volta in un Paese islamico, dove ha sede, peraltro, la ben nota emittente televisiva Al Jazeera.

I membri vecchi e nuovi del direttivo della Federazione Mondiale Giornalisti Scientifici: il nuovo presidente Vesa Niinikangas, finlandese che organizzerà il congressso del 2012 a Helsinki (secondo da sinistra) e la presidente uscente, l’egiziana Nadia El-Awady (al centro con l’hijab).

I membri vecchi e nuovi del direttivo della Federazione Mondiale Giornalisti Scientifici: il nuovo presidente Vesa Niinikangas, finlandese che organizzerà il congressso del 2013 a Helsinki (secondo da sinistra) e la presidente uscente, l’egiziana Nadia El-Awady (al centro con l’hijab).

Il congresso, che ha luogo ogni due anni, costituisce una preziosa opportunità di formazione e collaborazione per i giornalisti scientifici di tutto il mondo. I delegati, tra i quali si contava per la prima volta un folto gruppo di italiani, grazie anche al contributo che l’Ordine della Lombardia ha voluto dare attraverso l’istituzione di borse di studio (vedi box), sono stati ospitati nel nuovissimo campus universitario alle porte di Doha, dove hanno costruito le loro sedi distaccate le migliori università statunitensi, tra le quali Harvard, il Mit, la Georgetown University e la Carnegie Mellon. Gli impressionanti edifici, opera di famosi architetti, sorgono in mezzo al deserto e hanno visto susseguirsi, per cinque giorni, sessioni dedicate a tutti gli aspetti della professione. Nelle freddissime sale del centro congressi si è parlato anche di formazione, con un workshop internazionale dedicato alla didattica del giornalismo scientifico. A fianco di ricercatori di chiara fama, come il Nobel per la chimica egiziano Ahmed Zewail, c’erano anche giornalisti specializzati in grado di discutere di scienza dal punto di vista dei media.
“La sudditanza dei giornalisti scientifici nei confronti degli scienziati è un fenomeno da combattere in nome del ruolo sociale della stampa esattamente come qualsiasi sudditanza di un giornalista nei confronti della propria fonte” ha detto Maryn McKenna, giornalista esperta di emergenze sanitarie, autrice di un blog scientifico di enorme successo ospitato sulle pagine di Wired America (Superbug, dal quale è stato tratto l’omonimo best seller che ha venduto in pochi mesi oltre un milione di copie). “Solo acquisendo strumenti autonomi nella comprensione delle fonti scientifiche, e grazie alla visione d’insieme degli argomenti che deriva dal nostro lavoro, noi giornalisti possiamo svolgere il compito di ‘controllori’ della scienza e fornire ai lettori informazioni obiettive, il più possibile scevre da influenze politiche, economiche, religiose o da conflitti di interesse”. Grandi protagonisti di questo congresso sono stati i nuovi media, a partire dal ruolo che hanno svolto nelle rivolte arabe dei mesi scorsi. A questo tema è stata infatti dedicata la sessione plenaria finale, a cui hanno partecipato il presidente uscente della Wfsj, l’egiziana Nadia El-Awady, e molti giovani giornalisti di Egitto, Tunisia, Marocco e Sudan.

“Durante le rivolte di piazza Tahrir mi sono sforzato di essere sia un rivoluzionario sia un giornalista” ha raccontato Mohamed Yahia, redattore di Nature Middle East. “Ma poi il primo ruolo ha preso il sopravvento. Solo quando è passata la fase acuta della rivolta sono tornato al mio lavoro. E certo, ho scritto di scienza: la scienza era ovunque intorno a me, a partire da come erano stati organizzati gli ospedali da campo nella piazza teatro degli scontri, fino al ruolo che scienziati e ricercatori hanno svolto nel sostenere il cambiamento”.

Alcuni dei colleghi italiani presenti a Doha. Da sinistra: Chiara Albicocco, Nicla Panciera, Valentina Murelli, Amelia Beltramini, Daniela Ovadia, Fabio Turone, Giovanni Spataro e Chiara Palmerini. Il folto gruppo italiano è stato ospitato nel nuovissimo campus universitario alle porte di Doha.

Alcuni dei colleghi italiani presenti a Doha. Da sinistra: Chiara Albicocco, Nicla Panciera, Valentina Murelli, Amelia Beltramini, Daniela Ovadia, Fabio Turone, Giovanni Spataro e Chiara Palmerini. Il folto gruppo italiano è stato ospitato nel nuovissimo campus universitario alle porte di Doha.

Due le sessioni organizzate da giornalisti italiani. La prima, coordinata da Fabio Turone, presidente di Science Writers in Italy, era dedicata alla comunicazione del rischio. Tra i relatori ha riscosso enorme successo David Ropeik, ex giornalista televisivo, oggi docente di comunicazione del rischio ad Harvard, che ha spiegato quali elementi determinano la differenza tra la reale entità di un pericolo e il rischio percepito. La seconda, coordinata da chi scrive, aveva come tema le decisioni di fine vita. Partendo dai casi Englaro,Welby e da quello di Terry Schiavo si è discusso – insieme al bioeticista Eric Racine della McGill University in Canada e a Joe Palca, giornalista della Npr (la più importante radio pubblica statunitense) – di come mantenere l’obiettività scientifica quando ci si trova a informare il pubblico su questioni facilmente strumentalizzabili a fini politici o fortemente ideologizzate.

Infine non si può non menzionare l’interessante sessione dedicata al ruolo dei Science Media Centres, istituzioni non profit che si stanno diffondendo con l’obiettivo di fornire un supporto tecnico gratuito e quanto più possibile privo di conflitti di interesse ai giornalisti, specializzati e non, che si trovano a dover coprire argomenti scientifici di routine o eventi di cronaca, come l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima.

Fiona Fox, direttrice del Science Media Centre di Londra, attivo da ormai più di 10 anni, ha annunciato con soddisfazione che anche in Italia, Norvegia, Danimarca e Germania stanno partendo iniziative analoghe a quelle già esistenti in Gran Bretagna, Canada, Australia, Giappone, e Nuova Zelanda e che è stato costituito un network internazionale.

ll prossimo congresso, l’ottavo, avrà luogo nel giugno del 2013 a Helsinki, in Finlandia, e avrà come tema il ruolo sociale e politico del giornalismo scientifico (www.wcsj2013.org).

LE BORSE DI STUDIO

Il contributo dell’Odg lombardo

Per favorire la partecipazione al congresso di Doha, l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia ha messo a disposizione cinque borse di studio da 800 euro ciascuna, a parziale copertura delle spese. Il bando è stato pubblicato sul sito dell’OdG Lombardia e aperto a tutti gli iscritti. Le borse sono state attribuite, sulla base del curriculum e della posizione professionale attuale, a cinque colleghi: Chiara Albicocco (free lance), Amelia Beltramini (Focus), Alberto Giuffré (SKY Tv), Valentina Murelli (free lance), Chiara Palmerini (Panorama). La griglia di valutazione dei curricula è pubblicata sul sito dell’OdG Lombardia. La partecipazione a congressi internazionali organizzati da giornalisti è un’occasione preziosa di aggiornamento professionale, che risponde appieno agli obiettivi che l’Ordine stesso si pone. Questo primo tentativo di incentivare la presenza italiana a iniziative analoghe ha avuto un riscontro positivo sia in termini di richieste sia in termini di curriculum dei partecipanti alla selezione: un giusto mix di giovani e di giornalisti già affermati, a riprova del fatto che il bisogno formativo e di aggiornamento non riguarda solo chi è alle prime armi ma anche chi, dopo anni di redazione, sente il bisogno di confrontarsi, di acquisire nuovi strumenti e sviluppare contatti internazionali.

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